Chi arriva per la prima volta sin qui, dopo essersi ripreso un po’ dalla fatica che richiede il sentiero montano percorso fra i boschi e dal primo stupore nel trovarvi un monumento di straordinaria ed originale bellezza ed imponenza, si chiede quando e chi mai ha avuto l’idea di realizzarlo.
Rispondere con semplicità e brevemente a questa domanda non è possibile, dal momento che dovremmo ripercorrere la storia di questi luoghi a partire da età lontanissime, che risalgono addirittura all’età del rame. Basti ricordare che qui si sono susseguite le presenze di Liguri, Celti, Romani, Goti, Bizantini, Longobardi ed infine dei Franchi…
È soprattutto però il periodo di permanenza dei Romani che ha dato il nome ed una impostazione caratteristica e particolare al territorio. Essi, infatti, stabilirono qui un tratto della linea di difesa militare che, a partire dal Castello di Lecco, controllava il territorio fino a Castelmarte, presso Erba per raggiungere quindi la città fortificata di Como, porto militare per il controllo del Lario. Una serie di posti di guardia minori, situati a mezza costa sulle pendici dei monti per evitare le nebbie invernali, completavano la linea di difesa trasmettendo segnali luminosi nel caso dal confine settentrionale giungesse qualche pericolo.
La stessa linea di difesa sovrastava una strada che, alle sue origini, aveva la lontana città di Aquileia. Nel tratto relativo a questo territorio partiva da Bergamo, superava l’Adda al ponte in pietra d’Olginate, risaliva fino alla sella di Galbiate, che sta di fronte a noi, quindi, contornando la parte settentrionale del lago, superava la collina di Civate e si avviava ad ovest verso Castelmarte e poi Como.
Il punto di transito di questa strada sul piccolo fiume emissario del lago di Annone, dove si trovava un ponte, era la Clavis, cioè il punto di passaggio obbligato controllato da un posto di guardia militare. È appunto da Clavis che deriverà prima Clavate e poi, nel tempo, Civate.
Tutto ciò restò praticamente invariato col successivo arrivo dei Goti, dei Bizantini e dei Longobardi… E proprio alla fine del regno di questi ultimi sorge il più antico insediamento di monaci a San Pietro al Monte.
I Longobardi, da tempo stanziati sul territorio, iniziarono via via una politica di integrazione con la popolazione locale convertendosi al cristianesimo. In queste regioni, lontane dalle grandi città, solo i monaci potevano svolgere quest’opera di pacificazione ed i Longobardi favorirono dunque la costruzione di monasteri sulla linea di confine ai piedi delle Alpi, a partire dal monastero di Non, in Trentino, sino alla Novalesa o la Sacra di San Michele ad occidente.
Fu così che, verso la fine stessa del regno Longobardo, nella seconda metà dell’VIII secolo, sorse un primo esiguo monastero dedicato a San Pietro e Paolo.
La leggenda narra che fosse stato proprio Desiderio a costruirlo, per compiere un voto fatto dal figlio, Adalgiso, rimasto accecato durante una battuta di caccia al cinghiale e poi miracolosamente guarito.
Da allora il monastero ha vissuto altre ricostruzioni nel secolo IX e poi tra il X ed XI secolo, trasformandosi nella meravigliosa architettura romanica che ancora oggi possiamo ammirare. Fino al X secolo c’era solamente la basilica ed un semplice monastero, le cui costruzioni erano tutte addossate alla parete settentrionale della chiesa. Nell’XI secolo si aprì l’ingresso attuale, fu costruito lo scalone ed il pronao semicircolare e fu innalzato l’oratorio di San Benedetto.
E così è stato finché, forse dopo la sconfitta a Legnano del Barbarossa, di cui l’abate era fedele vassallo, i Comuni con a capo l’arcivescovo di Milano hanno distrutto tutte le parti d’abitazione del monastero. È rimasta solo la chiesa: la casa di Dio.
Intanto però i monaci avevano già costruito da tempo il monastero a valle di San Calocero, che si può distinguere ancora nel mezzo del borgo di Civate. Ma questa è un’altra storia…
I testi riportati sono tratti liberamente da “Un monastero sulla montagna” di Carlo Castagna e da “Itinerario d’arte nel comune di Civate” di Francesca Mauri, ed. Comune di Civate, 2004. Fotografie a cura dell’Associazione Amici di S. Pietro.