Perché sentiero del Mercoledì? Perché il Mercoledì era il giorno scelto da un gruppo di volontari per impegnarsi a ritracciare questo antico sentiero ormai nascosto dal folto della vegetazione. Certo c’era anche chi ci lavorava il Lunedì, il Martedì, e tutti gli altri giorni, ma il Mercoledì vedeva il gruppo più nutrito. Ben due anni sono stati impiegati per terminarlo, più di 4500 ore di lavoro (sì, qualcuno si è preso la briga di contarle, ma non certo per calcolare la paga, che sarebbe incommensurabile), dall’Autunno del 2017 all’Inverno del 2019.
Il progetto era stato ideato per poter trovare un percorso alternativo per arrivare a San Pietro al Monte, più agevole pure se più lungo, e che potesse anche servire come linea tagliafuoco e come tracciato da percorrere con una piccola motocarriola in grado di trasportare materiale fino a San Pietro, dal momento che la teleferica ha cominciato a mostrare i segni dell’età e dell’inadeguatezza.
Ci hanno pensato tre geometri in pensione, Lucio, Mario e Paolo, amici di Don Vincenzo, ad individuare e fissare su una mappa la traccia del percorso e le curve di livello. Interpellati i proprietari dei fondi e la comunità montana, i lavori sono potuti partire.
Non è stato difficile il reclutamento della forza lavoro: quando San Pietro chiama, molti rispondono. Anche se il lavoro non è dei più semplici. Tracciare un sentiero dal fondo stabile e dalla pendenza regolare significa avere buon occhio per scovare e disporre le pietre, buone mani per cavarle senza aiuti meccanici, ingegno del costruire “a secco” e maestria nell’uso della motosega per tagliare e intagliare tronchi e farne staccionate, spirito infaticabile per mantenere la costanza dell’impegno. Qualcuno ha soprannominato “mastri” questi volenterosi per ricordare quei magistri cumacini di un tempo abili con pietre e legni. Non sono mancati tra i volontari anche pensionati che, facendo lavori d’ufficio, non avevano dimestichezza con la fatica fisica. Per questi si trovavano sempre attività alternative: una mano di impregnante sul legno, la pulizia della zona, la pur necessaria preparazione del pranzo.
La giornata dei nostri mastri iniziava presto: alle sette erano già sul posto, un caffè magari corretto per corroborare gli animi e scaldare i cuori e via con la distribuzione degli incarichi. Ognuno sapeva cosa fare e come muoversi. Il lavoro continuava senza sosta fino alle 13.30, orario che dava lo stop alla giornata e che chiamava alla condivisione del pranzo, cibo semplice e genuino, preparato da volenterosi di turno, molto apprezzato dai palati robusti ed esigenti.
Ora che il sentiero è terminato, sono tanti gli escursionisti che lo percorrono, inconsapevoli o meno di calpestare selciati impastati col sudore e posati da ruvide carezze. Compiono spesso anche il percorso circolare con salita dal sentiero classico n.10 e discesa per il nuovo tracciato, che impegna meno le ginocchia.
Dal punto di vista naturalistico il percorso è molto interessante. Si incontrano grossi massi erratici di granito, fiori di tutte le specie in ogni stagione, orchidee selvatiche, ciclamini, ellebori e bucaneve, aglio ursino, aquilegia, asparagi selvatici e funghi in abbondanza dopo le piogge estive. Alcune deviazioni portano a punti molto interessanti:
- La Casota del Partigiano;
- Il punto panoramico vicino a Prato Rossino da dove lo sguardo spazia da Valmadrera ai laghi e alla Brianza fino allo skyline di Milano;
- Il maestoso faggio centenario sulla deviazione per Fontana Fredda.
A voi scoprirli.
E non pensate che il gruppo del Mercoledì non abbia più da fare. Ora, causa pandemia, i gruppi si sono suddivisi in piccole unità durante la settimana per continuare a lavorare. La bellezza del luogo esige cura e attenzioni costanti.